di Anna Maria Onelli
17 marzo 2021

Con le dimissioni di Zingaretti dal PD, il partito, ormai privo di contenuti e orfano di un leader che indicasse una qualsiasi strada, richiama Enrico Letta per nominarlo segretario. Sempre meglio dei discorsi ormai vuoti e intrisi di retorica di Zingaretti – ho pensato – poi quando ho rivisto Letta e l’ho ascoltato mi è sembrato di tornare indietro, come se per lui il tempo si fosse fermato.
Dopo sette anni d’insegnamento in un’Università Parigina è tornato come se fosse stato sulla luna, per ri-proporre, con la sua flemma pensosa, le ricette logore spacciate per eterno rinnovamento: lo” ius soli” come diritto di cittadinanza per i figli di immigrati, il “gretinismo” esasperato, l’innovazione tecnologica sempre declamata e mai realizzata. A ciò aggiunge la proposta di far votare i sedicenni, senza tener conto che, per avere diritto al voto i sedicenni, dovrebbero essere maggiorenni, cui consegue il diritto a sposarsi, ad avere la patente, a finire in carcere quando si commettono reati. Qual è il senso di far votare giovani, ancora alle prese con la loro trasformazione adolescenziale, con un diploma da conseguire, giovani che non si sono mai confrontati con la vita adulta e il mondo del lavoro? Non è corretto ammaliarli per sembrare un partito nuovo, aperto ai giovani, piuttosto si diano loro le stesse opportunità e diritti dei giovani europei.